La finanziaria elettorale del governo Renzi

Ancora una volta il governo Renzi tenta di mascherare una sua legge, nascondendola dietro la cortina fumogena di provvedimenti, inseriti solo allo scopo di renderla più digeribile agli occhi dei Lavoratori, nel nostro caso dei Lavoratori della Scuola. Ci ha provato nel 2015 con il cosiddetto “piano assunzionale straordinario”, peraltro imposto dalla Corte di Giustizia Europea. Con le stabilizzazioni il governo ha tentato di addolcire la pillola di una legge, la 107, attraverso la quale si intravedeva, ancora prima della sua approvazione, la deriva cui sarebbe andata incontro la Scuola; deriva che tutti abbiamo puntualmente sperimentato in questi primi mesi dall'inizio delle lezioni, tra chiamata diretta, trasferimenti su ambito e gestioni creative degli organici da parte dei dirigenti. Ci riprova oggi, il governo, con la legge di stabilità, all’interno della quale è previsto un cospicuo stanziamento di fondi per un ampliamento degli organici di diritto, ancora tutto da definire nei dettagli e nella distribuzione territoriale. Un provvedimento che da settimane occupa quasi esclusivamente il dibattito sul futuro della Scuola e alimenta cinicamente le speranze di rientro a casa dei Lavoratori che quest’anno sono stati spediti a caso in giro per l’Italia, per effetto di quell’assurdo contratto sulla mobilità sottoscritto dal governo e dai sindacati gialli. Un provvedimento che da solo è riuscito a distogliere l’attenzione da altre gravissime misure contenute nella legge di stabilità, come il finanziamento diretto da parte dello Stato alle scuole private e lo sgravio contributivo per le imprese impegnate nei percorsi di alternanza scuola lavoro.

Perché tanta apparente attenzione verso il mondo della Scuola in questa legge di stabilità presentata a ridosso del referendum? Semplicemente perché Renzi ha capito che il referendum costituzionale del 4 dicembre, a cui ha legato la sorte del suo governo, si vince o si perde principalmente nelle scuole. I Lavoratori della Scuola hanno oggi un ruolo e un’importanza politica particolari: a noi, soprattutto a noi, è data la possibilità di porre termine all’avventura politica di Matteo Renzi, del suo governo e di questo PD.

La legge di stabilità sarà votata nei due rami del parlamento a cavallo del voto referendario, alla camera prima del 4 dicembre, al senato dopo. Come Achille Lauro regalava in campagna elettorale una scarpa prima e l’altra dopo il voto, così Matteo Renzi punta a estorcere il consenso dei lavoratori sulla modifiche costituzionali proposte dal suo governo, illudendoli con le promesse elettorali contenute nella legge di stabilità. Ma i lavoratori hanno imparato bene che da questo governo non possono aspettarsi niente di buono.

L’USB non ha governi amici come i sindacati complici CGIL, CISL, UIL e Snals e non ha partiti di riferimento, tanto meno nel PD o nelle sue fazioni interne. L’USB non propone emendamenti al governo e al parlamento che hanno donato ai lavoratori la legge 107. Noi rilanciamo il conflitto a partire dal referendum costituzionale, per il quale rinnoviamo l’invito a votare NO.

NO, per difendere la Costituzione e la repubblica antifascista.

NO, per dare l’ultima spallata al governo Renzi, che ha legato il suo futuro all’esito del voto.

Sappiamo bene, e lo abbiamo già detto, che la vittoria del NO non porterà un cambiamento sostanziale del quadro politico, ma è evidente che l’eventuale caduta del governo in conseguenza della sconfitta referendaria, arresterà la corsa della legge 107 e aprirà, se le organizzazioni di classe come L’USB sapranno bene intestarsi la campagna per il NO e pianificare le azioni successive, una nuova stagione di protagonismo politico dei lavoratori.