Trasferimenti dei prof e questione meridionale: lettera aperta a Gian Antonio Stella

Gentile Dott. Stella,

Se anche una delle penne più prestigiose del Corriere della Sera decide di occuparsi della mobilità nella scuola, vuol dire che la questione è piuttosto importante.

Il ragionamento che lei sviluppa sembra incontrovertibile. I dati che supportano la tesi di fondo sono tutti veri e verificabili. Lo spostamento di docenti e più in generale dei funzionari della pubblica amministrazione dal sud al nord (ma anche al contrario) è una costante della storia del Paese e forse più in generale degli Stati moderni. Se il 78 % dei docenti in mobilità è del sud, ma le cattedre a sud sono solo il 37 % è ovvio che i conti non tornano. Siamo però solo ad una parte della verità. Il limite non trascurabile dell'articolo di Tuttoscuola, fonte da Lei citata e assunta come base del ragionamento, sta nel non ricordare dati altrettanto veri e verificabili, altrettanto incontrovertibili ed in qualche modo evocati nella parte finale del Suo articolo: che gran parte dei docenti che oggi animano le proteste di Palermo, Catania, Bari, Napoli lavorano in molti casi da più di un decennio in scuole della loro città, con quella incredibile modalità dell'incarico annuale reiterato, in presenza di un posto che evidentemente c'è e potrebbe essere reso stabile; che alla scuola primaria del sud non esiste più il modulo a 3 (Tuttoscuola, lavoratori della scuola e genitori sanno bene di cosa stiamo parlando); che la mancanza, nelle regioni del Sud, del tempo prolungato, riguarda tutti gli ordini e gradi; che i posti di sostegno dati in deroga (solo in Sicilia, grazie anche alle nostre proteste, sono già diverse migliaia), si uniscono alla vergogna (per il MIUR) delle famiglie costrette spesso a ricorrere al tribunale per ottenere il diritto allo studio per i figli disabili; che i tagli fatti dalla riforma Gelmini, con l'aumento del numero degli alunni per classe, non sono mai stati integrati; etc etc. Non proprio inezie.

Però non ci interessa qui la quantificazione dei posti, anche se le assicuriamo che siamo nell'ordine di decine di migliaia: di quello ci occupiamo con la nostra azione sindacale negli Uffici Scolastici Regionali e Provinciali o al Ministero.

Ciò che ci ha spinto a scriverLe e a interloquire su un pezzo che non associamo neanche lontanamente al leghismo culturale di certi commentatori, è l'evocazione della questione meridionale: questione da sempre nazionale; questione sempre da declinare rispetto alle classi sociali in movimento (sud e nord sono solo punti cardinali); questione da ripensare oggi concependola per quello che è stata nei momenti più alti del meridionalismo: lontano dal "lamento rituale" e dal pietismo, una spinta potente di emancipazione e democrazia per tutto il Paese.

Proprio ciò che oggi viene negato, nella scuola e più in generale, con la costante cessione di sovranità nazionale e popolare ad un soggetto che meridionalizza tutti: l'Unione Europea.

Che idea abbiamo di scuola? Che idea abbiamo di società? Cosa vogliamo che diventino le grandi aree metropolitane del sud (e del centro e del Nord) Italia?

Ci fermiamo qui. La ringraziamo dell'attenzione per il mondo della scuola, dello spazio pubblico che ci concede, e le anticipiamo un invito per il prossimo autunno per un incontro pubblico su "Scuola e questione meridionale" che abbiamo in mente da tempo, e che intendiamo svolgere nella capitale del Meridione d'Italia: Milano...

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