Alternanza scuola-lavoro tra Jobs Act e "Buona scuola"
A margine delle ultime votazioni referendarie britanniche abbiamo assistito al balletto della propaganda di regime che tentava di insinuare un dubbio sulle necessarie competenze che al popolo mancherebbero per potersi esprimere su alcuni temi importanti come l'uscita dall'Unione europea, decisioni di questo tipo stranamente i cittadini dovrebbero subirle, ma non contribuire a determinarle. La moderna comunicazione viaggia grazie a idee come questa per cui c'è chi ha diritto a pensare, votare, decidere e chi invece deve esclusivamente lavorare senza alcuna pretesa di partecipazione alla vita politica del proprio paese. La democrazia per questi pensatori di regime è divenuta appannaggio esclusivo delle élites e delle lobbies.
Il modello scolastico sperimentato in questo ultimo anno, dopo l'approvazione della legge 107 cosiddetta “Buona scuola”, è perfettamente in linea con questo tipo di propaganda reazionaria. Nelle scuole stanno entrando gradualmente i privati, gli imprenditori, gli esterni con le loro elargizioni/donazioni interessate. Si sta affermando gradualmente un modello intrusivo che dal principio della pubblica istruzione ci sta portando, molto più velocemente di quanto si pensi, alla formazione professionale gestita dal ministero dell'economia.
Accordi firmati in modo completamente autarchico come per esempio quello la confindustria e gli Uffici scolastici di Lombardia e Campania (23/6/2016) o tra il MIUR e l'ENI (8/6/2016) sono solo l'inizio dei modelli che vedremo nascere e prepotentemente prendere campo nelle nostre scuole in cui, invece, in passato ogni decisione didattico-formativa aveva come necessarie e imprescindibili premesse la progettazione e l'osservazione dei bisogni educativi dei nostri studenti. Oggi accade invece che al mercato del lavoro servano alcuni profili ben precisi e che, di conseguenza, le imprese diventino dei luoghi formativi per indirizzare, allenare alla competitività e addestrare alle competenze.
Sono stati 500mila gli studenti che quest'anno hanno sperimentato sulla propria pelle le misure messe in atto per l'alternanza scuola-lavoro. Progetti di alternanza scuola-lavoro spesso raffazzonati, inconsistenti dal punto di vista formativo, incoerenti con il percorso scolastico e l'indirizzo di studi scelto e frequentato dagli studenti.
Le ragioni di questo fallimento annunciato sono state certamente diverse:
- molti docenti si sono rifiutati di assumere l'incarico aggiuntivo dell'alternanza scuola-lavoro in quanto in disaccordo con la riforma renziana (si pensi solo che a fronte di 100 ore annue in media per ogni disciplina vengono stabilite come obbligatorie dalla legge 107 almeno 400 ore di stage nei professionali e nei tecnici e 200 ore nei licei) o con le modalità di gestione, le scelte dirigenziali, gli accordi di rete prestabiliti a priori;
- gli stessi dirigenti scolastici in alcuni territori hanno avuto enormi difficoltà a intercettare “caporali” e aziende che si facessero carico dell'accoglienza a costo zero di studenti minori da seguire con tutor interni;
- i genitori e i rappresentanti degli studenti spesso si sono opposti nei consigli di classe alle improponibili offerte calate dall'alto.
L'intervento del ministro Poletti che a metà giugno, cioè a fine anno scolastico, firma un accordo con l'ENI, la dice lunga sulle difficoltà incontrate nella realizzazione dell'alternanza scuola-lavoro. Si corre ai ripari e si stipula un accordo per avviare un biennio sperimentale nel quale 1500 studenti seguiranno dei percorsi di alternanza scuola-impresa e 135 studenti firmeranno dei contratti di apprendistato professionale alla fine del percorso Iefp. Alle dipendenze del ministero guidato da Poletti vi è ItaliaLavoro che bandirà entro luglio 2016 un avviso pubblico per le imprese affinché attivino percorsi di alternanza scuola-lavoro o un contratto di apprendistato di primo livello. La posta in gioco saranno 16 milioni di euro. Un tempo i bandi dello Stato finanziati con soldi pubblici venivano pubblicati per avviare la selezione e le assunzioni dei lavoratori; oggi assistiamo alla perversione per cui l'ennesimo regalo alle imprese servirà per sottopagare i rimborsi per il tutoraggio dell'alternanza scuola-lavoro. Per non parlare dei fondi che il ministero del Lavoro ha stanziato per finanziare il progetto di costruire un sistema duale alla tedesca scuola-impresa: 87 milioni di euro a cui si aggiungono, infine, altri 4 milioni di euro che hanno stanziato Lombardia, Marche e Valle d'Aosta. Questo accordo è il primo firmato tra un'azienda e le istituzioni statali da quando è stato introdotto il Jobs Act e la “Buona scuola”. Per il ministro Giannini questo è «un messaggio da lanciare a tutti gli imprenditori italiani perché avere un giovane in azienda è una grande opportunità». Per adesso non sembra essere una buona opportunità è per le tasche dello Stato italiano, né tantomeno per le tasche dei lavoratori in stage, cioè dei nostri studenti minorenni.
Aspettiamo i dati che il MIUR dovrà pubblicare in merito a queste diversificate modalità di sperimentazione dell'alternanza di quella che a tutti gli effetti ci sembra di poter definire scuola-sfruttamento: di certo un pessimo allenamento per i nostri studenti per far pratica di flessibilità salario inesistente, diritti di partecipazione e di scelta azzerati.