Assegnazione dei docenti alle classi: il tribunale di Reggio Calabria impone a un dirigente il rispetto dei lavoratori, ma non basta e non finisce qui
Capita nell’Italia della ”Buona scuola” che un docente di matematica e fisica scopra un giorno di essere solo un docente di fisica, perché il suo preside ha deciso di sollevarlo dall’insegnamento della matematica, anche nelle classi in continuità, contravvenendo ai principi stabiliti dagli organi collegiali.
Capita che la Corte d’Appello di Reggio Calabria dia ragione al docente, imponendo al preside, in via cautelare, la restituzione delle ore di matematica e il rispetto della continuità didattica.
Capita che il preside, anziché applicare correttamente la sentenza, trascorra i due mesi successivi – supportato dai sindacati complici, Cgil, Uil, Gilda e Snals - a raccogliere, tra insegnanti compiacenti e alunni minorenni della scuola, le prove della presunta incompatibilità ambientale del professore, finché non ne ottiene il trasferimento d’ufficio. Capita che il trasferimento, venendo a mancare la causa del contendere, determini la decadenza del ricorso, cosicché si riesce ad evitare furbescamente una sentenza di merito che, accertate le responsabilità, imporrebbe all’amministrazione il pagamento delle spese.
Ma capita anche che i lavoratori, come in questo caso, incontrino sulla loro strada non solo i sindacati gialli, ma anche l’USB, che ha subito difeso il professore ricorrente, capendo l’ingiustizia che stava subendo, e che continuerà a sostenerlo nel ricorso al giudice del lavoro contro l’Ufficio scolastico, per la cancellazione del trasferimento illegittimo. La vicenda del professore di Reggio Calabria è emblematica della metamorfosi a cui sta andando incontro la scuola italiana, in cui certi dirigenti credono che i lavoratori possano essere usati come pedine qualunque e gli organi collegiali scavalcati, come se fossero semplici ostacoli da aggirare. Ma l’opera di distruzione, sebbene proceda a tappe forzate, è ancora all’inizio e finché esisteranno questi organi collegiali, con i poteri che la legge ancora gli riconosce, i lavoratori potranno agire per rallentare la deriva.
E soprattutto mette in evidenza, ancora una volta, come i sindacati complici abbiano rinunciato alla difesa dei lavoratori e rappresentino, ormai, il braccio destro di dirigenti, che la legge 107 sta sempre più trasformando in capitani d’azienda del secolo scorso.
USB Scuola Calabria