BRICIOLE DI RIFORMA CHE NON ARRESTANO LA LOTTA ALL'INEMENDABILE "BUONA SCUOLA"

Dopo la chiamata diretta, eliminare titolarità su ambito e immettere in ruolo subito i precari.

Nazionale -

È di ieri sera la notizia dell’abolizione della chiamata diretta e del ritorno alla titolarità di scuola per chi ha fatto e ottenuto la mobilità e per gli immessi dell’AS 2018/19. Sapevamo che l'opposizione mostrata dai dirigenti scolastici verso la chiamata diretta avrebbe dato i suoi frutti nella prima azione di governo, soprattutto a causa della reale farraginosità e discrezionalità del meccanismo di assunzione, che più volte abbiamo denunciato

Si torna, quindi, nella mobilità annuale, all'assegnazione alle scuole sulla base del punteggio di mobilità e di servizio, criteri oggettivi, trasparenti e controllabili da tutti. Ci siamo spesi in questi anni con tre scioperi contro la Legge 107 per l’abolizione della la chiamata diretta, uno dei tasselli più insopportabili della “buona scuola” che affidava potere di scelta ai dirigenti scolastici, quindi non possiamo che essere contenti della decisione del nuovo governo. Crediamo, però, che ora sia necessaria l’abolizione completa della titolarità su ambito e ripristinare esclusivamente la titolarità su scuola, soprattutto per quanti l’anno prossimo termineranno il triennio di vigenza del contratto su ambito, a cui va attribuita d’ufficio la permanenza nella scuola di assegnazione.

Notizie di stampa parlano anche di un provvedimento imminente per l’assunzione in ruolo dopo 36 mesi del personale precario, docenti e ATA, attraverso un percorso in due fasi, con la creazione di una nuova graduatoria ad esaurimento. L'assunzione immediata dei precari è definita impossibile dal sottosegretario Pittoni in quanto, come ben sappiamo, il vincolo di pareggio di bilancio, imposto dall’Unione Europea, blocca gli investimenti nel welfare del nostro paese, impedendo nei fatti un ampliamento degli organici, che tenga conto delle reali necessità della scuola statale italiana.

Siamo contrari a qualsiasi altra graduatoria che alimenta il precariato, pretendiamo subito l’immissione in ruolo dei docenti con 36 mesi di servizio, i diktat dell’Unione Europea non possono condannare la scuola al precariato eterno. Verificheremo se questi due provvedimenti, a costo zero, vedranno un’effettiva applicazione attraverso un disegno di legge specifico e se il personale precario verrà legittimamente assunto in tempi brevi, a differenza di quanto è accaduto nel passato, quando si poteva permanere in GaE anche più di 25 anni. I proclami di vittoria di Cgil Cisl Uil ci appaiono però inaccettabili rispetto a un'azione sindacale che negli ultimi anni, quando non è stata addirittura collaterale, ha comunque rinunciato a qualunque forma di conflittualità e di denuncia. Inoltre sarebbe bene ricordare che i frutti marci della Buona Scuola non si limitano alla sola chiamata diretta, ma riguardano anche le deleghe sul sistema 0-6, sul sostegno, sul riordino dei professionali, che comporta ulteriori tagli del tempo scuola e conseguente perdita di posti di lavoro, sul percorso di formazione iniziale e tirocinio, sull'Invalsi e la valutazione delle competenze agli esami di stato, sull'alternanza scuola lavoro. Infine non viene assolutamente messo in discussione il sistema di finanziamento pubblico alle scuole private, che porta via ingenti fondi alla scuola statale.

USB scuola ritiene che solo l'abolizione dell’intero impianto della Legge 107 possa sanare realmente i problemi che il governo Renzi ha creato. Se l'attuale esecutivo pensa di riformare la Buona Scuola con l'aiuto di Cgil Cisl e Uil, in cerca di consenso e di una nuova verginità dopo il vergognoso accordo contrattuale che ha portato nelle tasche dei lavoratori aumenti e arretrati ridicoli, continuando a mantenere l’assetto generale della legge 107, sconfesserà qualunque velleità di cambiamento, proseguendo in continuità con i precedenti governi sulla via dello smantellamento della scuola statale e dando ai lavoratori qualche briciola illusoria della quale però USB non intende accontentarsi.