CHIAMATA DIRETTA DA PARTE DEI PRESIDI: UNA SENTENZA DELLA CONSULTA PREMIA LE MOBILITAZIONI CONTRO LA LEGGE FORMIGONI-BOSSI
Ma le sentenze non risolvono i problemi, occorre mantenere alta la mobilitazione -
Nello scorso anno scolastico la scuola statale ha dovuto affrontare e contrastare l'ennesimo tentativo di avventurismo legislativo intrapreso da PDL e Lega in Regione Lombardia con la modifica della legge regionale attraverso l'art. 8 della legge n. 7/2012 in cui era previsto: “a partire dall’anno scolastico 2012/2013, le istituzioni scolastiche statali possono organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi, al fine di reclutare personale docente necessario a svolgere le attività didattiche annuali. Si prevede inoltre che sia ammesso a partecipare alla selezione il personale docente del comparto scuola che conosca e condivida il progetto e il patto per lo sviluppo professionale, che costituiscono parte integrante del bando di concorso di ciascun istituto scolastico. Le modalità di espletamento del bando di concorso dovrebbero essere definite, con deliberazione della Giunta regionale”.
In realtà la Regione Lombardia e il suo assessore Valentina Aprea miravano ad aggirare e a mettere in discussione quanto prevede la Costituzione (norme generali sull’istruzione art.117) in quanto la competenza legislativa in materia di reclutamento spetta unicamente allo Stato che può delegare alle Regioni le sole competenze amministrative.
Dopo altri tentativi di legiferare in questo ambito e clamorosamente falliti, da quel pdl Aprea sottoposto più volte senza alcun esito al Comitato della VII commissione della Camera (per cui il reclutamento avrebbe dovuto avvenire attraverso iscrizione ad albi regionali di categoria e su base di concorsi indetti da reti di scuole) alla proposta del senatore Pittoni (disegno di legge n. 2411/2010 “Disposizioni per l'istituzione di albi regionali per il reclutamento del personale docente”), questo raffazzonato provvedimento di legge doveva essere utile unicamente alla propaganda elettorale PDL-Lega che, attraverso la retorica del merito e del criterio aziendalista per cui il reclutamento avrebbe dovuto dipendere dal decisionismo dei Dirigenti Scolastici, hanno messo al centro della propria comunicazione politica l'idea di una “gestione” di posti di lavoro nelle istituzioni statali su base regionale (si ricordi in questo senso anche la ventilata idea di legare l'assunzione annuale alla residenza).
Oggi la sentenza della Corte costituzionale sancisce l'incostituzionalità dell'art. 8 della legge n.2/2012. Avevano ragione i docenti precari del Coordinamento “3 ottobre” che hanno immediatamente lanciato l'allarme definendo quel provvedimento di legge “un basso espediente incostituzionale che serve a introdurre la chiamata diretta nelle scuole, negare la libertà di insegnamento, eliminare il sistema trasparente e meritocratico di reclutamento nazionale basato sulle graduatorie e spalancare le porte alle peggiori forme di clientelismo e nepotismo” e, contestualmente, hanno promosso diverse mobilitazioni confluite in una manifestazione nazionale a Milano il 21 aprile 2012. Viene così premiato il lavoro di informazione, di sostegno, di mobilitazione di USB Scuola e dei lavoratori che hanno saputo opporsi all'introduzione di un modello di reclutamento per nulla innovativo e dietro il quale si celavano chiari obiettivi di aziendalizzazione e regionalizzazione della scuola pubblica statale attraverso la selezione diretta del personale docente sempre più precarizzato e, di conseguenza, maggiormente ricattabile.
La sentenza della Consulta n. 76 redatta definisce, infatti, la volontà di legiferare in questo senso da parte della Regione “del tutto eccentrica rispetto all'ordinamento nel suo complesso” aggiungendo che “ogni intervento normativo finalizzato a dettare regole per il reclutamento dei docenti non può che provenire dallo Stato, nel rispetto della competenza legislativa esclusiva di cui all'art. 117”.
Questa bocciatura, che rende imbarazzante la scelta reiterata della ex onorevole Valentina Aprea come assessore all'istruzione, sarà certamente fonte di riflessione per tutti i cittadini lombardi.
Sappiamo però chiaramente che una sentenza non risolve il problema. Ci siamo passati con la sentenza europea sui precari e persino con quella della Consulta che lo scorso anno bocciava il ridimensionamento della rete scolastica. In ognuno di questi casi abbiamo poi visto lo spregio dei diritti sanciti nelle aule dei tribunali (nel caso di Mantova si è addirittura tentato di discriminare chi aveva avuto una sentenza positiva) o il dietro-front degli stessi politici che avevano promosso i ricorsi alla Corte Costituzionale, per meri fini partitici.
L’unica strada per difendere la nostra dignità di lavoratori resta una lotta che dia forza alle nostre rivendicazioni ed è con la lotta che USB proseguirà il proprio percorso, a partire dallo sciopero contro le prove invalsi il 7, 14 e 16 maggio.