Covid-19, il governo non investe su sanità e trasporti. Risolve chiudendo le scuole
Domenica 24 ottobre, alle ore 13:30 circa, il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte ha comunicato al Paese i principali contenuti di un nuovo DPCM.
L’impianto del Decreto è in perfetta linea con le disposizioni e le scelte politiche precedenti. Per arginare la diffusione del virus e porre sotto controllo una curva dei positivi sempre più crescente, il governo continua a scaricare sui singoli la responsabilità del contrasto al contagio. Inoltre, vengono colpiti alcuni tra i principali settori della cultura del Paese: Scuola e Università, teatri, cinema.
Se, da un lato, continuerà a essere garantita la didattica in presenza per il primo ciclo di istruzione, una sorte diversa è invece toccata alle scuole superiori, per le quali è stato disposto che almeno il 75% del monte orario di lezioni venga effettuato in DaD. Dopo poco più di un mese dall’avvio dell’anno scolastico, possiamo ribadire quanto abbiamo sostenuto sin dall’inizio della pandemia: il re è nudo!
La scuola pubblica statale soffriva già, ben prima della pandemia, di un malessere generalizzato figlio di precise scelte politiche votate al disinvestimento e alla privatizzazione della formazione e dell’istruzione, non più progettate per raggiungere il fine della costruzione di una coscienza collettiva e di un sapere critico, ma subordinate al profitto. Insomma, quanto sta accadendo oggi non è per nulla straordinario, non si tratta di un’emergenza, ma della conseguenza naturale di quanto si è fatto o, peggio ancora, non si è fatto negli ultimi trent’anni.
Oggi, in buona sostanza, le scuole superiori, dopo appena un mese dalla loro riapertura, sono costrette a richiudere perché non sono sicure. Questo dato di fatto non è determinato però dalla pandemia da COVID-19, ma dalla totale assenza di volontà politica di investire su questo settore, così come sulla Sanità e sui trasporti. Gli edifici che ospitano gli istituti scolastici italiani continuano a essere quelle strutture inadeguate, quando non a norma e insalubri, che lavoratori e studenti sono costretti a frequentare quotidianamente. L’organico dei docenti, così come quello del personale ATA, è oggi come ieri sottodimensionato, cosa che produce come effetto principale la creazione di classi sempre più affollate.
Ci sono alcuni passaggi, nelle scelte dell’esecutivo e nei dispositivi di legge emanati, particolarmente perniciosi. In primo luogo, i concorsi per i docenti. Le procedure concorsuali rimangono in piedi! E così, nel momento stesso in cui non è più possibile seguire una lezione in presenza, o frequentare un teatro o un cinema, più di 60.000 docenti precari vivranno sulla propria pelle il paradosso di dover viaggiare per l’Italia per affrontare una procedura concorsuale straordinaria del tutto inutile, oltre che dannosa e vessatoria! Si tratta di personale già in servizio da anni nella scuola pubblica statale per il quale chiediamo da tempo immemore, richiesta oggi più che mai urgente, la stabilizzazione attraverso un concorso per soli titoli e servizi. Chiediamo di interrompere immediatamente la procedura concorsuale straordinaria in atto e di predisporre un nuovo dispositivo di legge per il reclutamento dei precari in modo veloce e sicuro.
Altro aspetto controverso, quanto è disposto dalla nota ministeriale del 27 ottobre a firma del Capodipartimento Marco Bruschi che scrive: “Le istituzioni scolastiche continuano ad essere aperte, e in presenza, nell’istituzione scolastica, opera il personale docente e ATA, salvo i casi previsti al paragrafo 2”. In altri termini, i lavoratori della scuola dovranno continuare ad assicurare la propria presenza a scuola, nonostante gli studenti siano costretti a collegarsi da casa per seguire le videolezioni. I docenti in quarantena, che dovrebbe essere equiparata al regime contrattuale della malattia, invece, dovranno continuare a lavorare da casa! Perché se è possibile sospendere la vita e tutte le sue sfaccettature quotidiane, lo stesso non può farsi con il lavoro.
Il Ministero dell’Istruzione sta di fatto applicando un Contratto Integrativo sulla Didattica Digitale Integrata sottoscritto al momento solo dalla CISL e dall’ANIEF, pubblicamente ringraziati “per l’altissima comprensione del momento dimostrata”. Le altre sigle sindacali, stando a quanto afferma sempre il Capodipartimento, pur non avendo ancora firmato l’ipotesi di Contratto, “in sede di contrattazione, hanno dichiarato di condividerne nel merito i contenuti”. Anche qui, nulla di nuovo, si tratta del solito lavoro concertativo/collaborazionista di sigle sindacali interessate solo a mantenere i propri rapporti privilegiati con il palazzo.
Un altro elemento non meno paradossale è quello relativo ai percorsi PCTO (ex Alternanza scuola/lavoro) che continueranno a essere operativi. A quanto pare, il profitto del Capitale va garantito sempre e comunque, anche subordinando ad esso la salute degli studenti che, da un lato, non possono andare a scuola, mentre, dall’altro, devono frequentare le fabbriche.
Il quadro è drammatico e al tempo stesso intollerabile. Scuole non sicure, trasporti inadeguati, nessun piano strutturale di intervento sanitario che preveda tamponi per tutti gli studenti e i lavoratori della scuola. Oggi più che mai è necessario allora unire le forze per contrapporre ai disegni del governo un altro modello formativo che stia dentro a un alternativo modello sociale incentrato su alcuni diritti fondamentali: salute, istruzione, lavoro.
Se il Governo, come appare ormai evidente, non è in grado di garantire tutto questo, intraprenda l’unica scelta veramente responsabile: si dimetta in blocco!