Diplomati magistrali: senza stipendio e senza disoccupazione. Così lo Stato tratta i maestri e le maestre che da anni lavorano nelle scuole statali?
Dopo anni di lotte per il riconoscimento del valore abilitante del diploma e l'inserimento in GaE, la storia dei docenti della scuola di primo grado si conclude con un finale vergognoso ed imbarazzante, privo di tutele a causa di una assenza di volontà politica del MIUR. Sarebbe bastato il semplice riconoscimento dei diritti di tutti per porre fine alla rivalità tra i diplomati magistrali e i laureati in scienze della formazione primaria o che il legislatore applicasse le regole comunitarie sull'illegale reiterazione dei contratti di lavoro oltre i 36 mesi di servizio per risolvere soprattutto la piaga che affligge da anni la scuola statale: posti vacanti tenuti precari e mancanza di continuità educativa-didattica.
Proprio a ridosso dell'estate, quando gli insegnanti di ruolo (anche con laurea), hanno superato un inaspettato lockdown da pandemia durante il quale milioni di italiani sono rimasti senza stipendio, messi sotto l'occhio critico dell'opinione pubblica con una DaD a prova d'urto, il MIUR risolve i contratti senza neppure il preavviso dovuto lasciando così maestre e maestri, che da anni prestano servizio nelle scuole, privi anche del riconoscimento dell'indennità di disoccupazione. Se altri licenziamenti vengono sospesi tramite apposito decreto, non così per i maestri e le maestre diplomati magistrali che hanno superato un anno di prova e da anni insegnano in continuità nelle proprie classi.
A settembre 2020 alcuni di loro accetteranno una supplenza dalle graduatorie di istituto, cambiando così scuola e alunni in attesa di entrare di ruolo nuovamente dalle graduatorie dell'ultimo concorso straordinario, probabilmente in una provincia diversa da quella in cui hanno insegnato e insegneranno nel prossimo anno scolastico.
Si consuma, così, per i primi diplomati magistrali che vedono rescisso il contratto, una estate senza stipendio e senza disoccupazione, con l'ennesima esposizione a avvocati e ricorsifici di varia natura a batter cassa nuovamente per avviare ulteriori ricorsi. Occorre che il Miur si adoperi affinché a questi lavoratori, che lavorano da anni nella scuola statale, venga riconosciuto il diritto al sostegno al reddito soprattutto in un momento complesso come quello che stiamo vivendo. Non è tollerabile tale umiliazione verso maestri e maestre che rimarrebbero ancora in balia di nuove sentenze discriminatorie, mentre occorrono solo serie soluzioni politiche da parte del Miur perché gli attuali contratti rescissi costituiscono un problema economico per i maestri e le maestre, ma si rifletteranno a settembre anche sul diritto alla continuità didattico-educativa dei bambini e delle bambine.