I Fast food, l'Università e la repressione. Torino calling. Come risponde USB?

Nazionale -

La questione individuata e agitata dal gruppo universitario "Noi Restiamo" di Torino (https://noirestiamo.org/2019/01/04/la-palazzina-aldo-moro-universita-centro-commerciale/), sull'assegnazione di spazi dell'Università a soggetti privati, in questo caso la catena Burger King, parla a tutti, non  solo agli studenti dell'ateneo torinese. È una questione che chiama in causa tutti i soggetti che vivono nel mondo della formazione (alunni, maestri, studenti, insegnanti, educatori, lavoratori della scuola, ma anche genitori che al sistema di istruzione affidano i propri figli). Li costringe a porsi delle domande di fondo sulla direzione che l'istruzione ha ormai da tempo imboccato nella nostra società.


Bene hanno fatto, dunque, gli studenti di NR a uscire subito dalle secche vertenziali e rivendicative e a lanciare per il 7 febbraio una giornata nazionale di lotta contro la privatizzazione del sapere e delle istituzioni che dovrebbero tutelarlo e trasmetterlo. Questa lotta ha una dimensione politica generale e implica la questione più ampia di quale  senso e quale  prospettiva possa avere l'istruzione per milioni di giovani in questo ed in altri paesi, al di là del suo appiattimento sui presunti e mutevoli interessi del mondo del lavoro e delle aziende, che hanno portato e portano con sé un carico di precarietà e povertà che è sotto gli occhi di tutti.


Certo, dentro le proteste che in questi giorni stanno attraversando piazze e vie storiche del capoluogo piemontese  troviamo tanti nodi: da quello della gentrificazione dei centri storici a quello dell'educazione alimentare, dal livello raggiunto dalla repressione in questo paese (repressione che va indicata per quello che è: uno strumento strutturale delle classi dominanti in tempo di crisi) alla marginalità ormai evidente del ceto accademico e degli intellettuali "critici" rispetto al sistema: l'università è gestita da chi accetta i diktat del mercato. Ma la battaglia più grossa è quella contro il senso comune che si sente tangibile anche tra chi dovrebbe ribellarsi; quel senso comune che non concepisce la possibilità del cambiamento, di cui sono imbevuti anche gli studenti. Un atteggiamento che  però  pian piano si trasforma, se ci si mette in gioco, e ci si lascia dietro le spalle la logica impostaci del debito (non ci sono soldi) e la sfiducia nel Pubblico, l'ineluttabile presenza dell'interesse privato, l'impensabilità di soluzioni collettive. Questo è purtroppo il messaggio che passa quotidianamente nelle scuole, attraverso la distorsione della didattica, l'assunzione del modello della autoimprenditorialità e dunque della salvezza (o dannazione) individuale come orizzonte unico, l'esclusione, la mancanza sistematica di risorse e strutture adeguate, l'ignoranza indotta. Non se ne viene fuori in un attimo, ma solo ponendo fin da subito, dall'inizio, la questione del potere e del cambiamento. "Prima bisogna vincere nel senso comune della gente". Questa è la battaglia politica del momento, il vero senso di questa lotta. A questa lotta USB SCUOLA intende offrire tutto il proprio appoggio in termini di condivisione politica, diffusione comunicativa, presenza organizzata e costruzione di una prospettiva generale.


Già da tempo abbiamo avviato una interlocuzione con la campagna Bastalternanza e con OSA, soggetti organizzati di studenti medi, con i quali abbiamo condiviso l'importante piazza del 30 Novembre scorso a Roma. Oggi intendiamo proseguire in questa direzione, ognuno per la propria parte ma in percorsi che tendano a unificarsi e generalizzarsi. Per questo appoggiamo la data del 7 febbraio e per questo ci sentiamo chiamati a dare la nostra parte nella costruzione di una risposta collettiva.