IL CASO EMBLEMATICO DEI PRECARI DI PALERMO. Presidio a Roma il 27 agosto
In allegato il volantino
Come è accaduto lo scorso anno, nel Sud del paese sono iniziate le prime manifestazioni di protesta contro i drammatici effetti dei tagli alla scuola. E’ in queste regioni infatti che i licenziamenti si sono abbattuti con maggior accanimento. In ogni città ci si comincia ad organizzare, si tengono riunioni e si presidiano i luoghi simbolo dell’amministrazione. Su tutti i media ha avuto una forte eco la drammatica e coraggiosa forma di ribellione di alcuni precari di Palermo che hanno iniziato da alcune settimane lo sciopero della fame. Queste forme di lotta segnalano purtroppo l’isolamento in cui si trovano questi lavoratori a fronte del fallimento delle pratiche sindacali concertative, ma indicano anche una forte volontà di reagire. Ai precari di Palermo, così come a tutti i gruppi che in queste ore stanno esprimendo la protesta, va tutto il nostro sostegno e la nostra solidarietà.
RdB/USB Scuola aderisce al presidio di protesta che si terrà
venerdì 27 agosto alle ore 12:00 Montecitorio
Di fronte al clamore suscitato dai colleghi di Palermo, il MIUR e la regione Sicilia hanno stipulato un accordo che prevede lo stanziamento di fondi comunitari gestiti dalla regione per attivare progetti di potenziamento dell’offerta scolastica, da far svolgere ai precari licenziati garantendo loro il punteggio annuale. DOV’E’ L’INGANNO?
Già lo scorso hanno il decreto ammazza precari aveva dato il via ad accordi tra MIUR e alcune regioni (con la complicità di alcuni sindacati a turno, sulla base del colore politico della regione) che promettevano di impiegare i precari espulsi dalla scuola in siffatti progetti; in molti casi non si è fatto nulla e dove questi sono stati realizzati hanno previsto solo briciole di salario per chi vi era coinvolto. Non contento, il MIUR già in giugno ha stipulato un accordo con la regione Calabria per lo stanziamento di 7 milioni per i precari,mentre la regione Sicilia, ad agosto, ha stanziato 40 milioni di euro rivolti ai precari che lo scorso anno hanno usufruito del salvaprecari ormai gìa fuori dal salvataggio dell'ammazza precari!
I bandi per i progetti, alla fine dei conti, permetteranno a pochi precari di lavorare con il favoloso compenso di 1000 Euro in un anno. E’ questa una soluzione?
E’ prevedibile che ai lavoratori di Palermo, così come in altre regioni, verranno fatte proposte analoghe.
RdB/USB è invece convinta che ci siano mezzi e tempi per fermare i tagli e confermare almeno i posti attivati 2 anni fa (a fronte di 40 000 posti disponibili vengono assunti solo 10 000 docenti). Ci batteremo a fianco dei coordinamenti precari per l’assunzione di tutti i precari. Nel frattempo non siamo contrari a che si cerchino misure che affrontino temporaneamente la drammatica situazione di chi oggi non ha più un lavoro, ma dovremo stare attenti e denunciare le promesse ipocrite di queste ore.
Una soluzione per tamponare nell’immediato la situazione c’è, è semplice e tecnicamente realizzabile: le regioni devono investire i fondi per la formazione dando agli istituti le risorse per assumere direttamente i precari con un regolare contratto statale. In realtà questa pratica è già presente in piccolissima misura in alcuni territori in cui le regioni coprono le mancanze di tempo scuola, spesso alla scuola dell’infanzia o per i casi di svantaggio, fornendo direttamente i fondi alle scuole per nominare i supplenti. Questa è una base seria per aprire un confronto tra ministero e regioni; il resto sono chiacchiere elettorali o, al massimo incentivi al “mercato” delle forniture scolastiche che si scatena ogni anno per i soliti progetti faraonici realizzati mentre si chiudono intere scuole.
La nostra proposta chiaramente è solo una risposta d’emergenza. Per il futuro dei lavoratori della scuola l’unica strada possibile è intensificare la lotta, resistere in ogni posto di lavoro rendendo la vita impossibile ai dirigenti chiamati ad attuare i tagli, bloccare realmente le attività, dimostrando tutta la forza che siamo in grado di esprimere così come abbiamo iniziato a fare con il riuscito sciopero degli scrutini di giugno.