Il Ministro dell'Istruzione Valditara dichiara che gli studenti stranieri devono stare in classi separate. USB e OSA rispondono che la scuola deve includere ed emancipare.
L’ultima dichiarazione del ministro Valditara è sconcertante, più di quanto non lo siano state tutte quelle che abbiamo dovuto sentire fino ad oggi: gli alunni stranieri dovrebbero stare in classi separate!
Questa affermazione è in aperto contrasto con le stesse linee guida sull’intercultura e l’inclusione del Ministero che Valditara dovrebbe dirigere, ma anche con qualsiasi principio di pedagogia interculturale e glottodidattica: la lingua seconda si impara meglio immersi in un contesto in cui essa è parlata, quindi in una classe in cui si parla italiano, che in una in cui si parlano molte lingue diverse e non esiste una comune lingua veicolare. Per capirci, è un po’ come studiare una lingua straniera in un corso di stranieri o andare nel paese in cui si parla a impararla. Anche un bambino capirebbe che il secondo metodo è più efficace. Un’affermazione del genere riporta indietro la scuola di quasi cinquant’anni, prima che la legge 517/77 affermasse con chiarezza che qualsiasi studentessa o studente con difficoltà deve stare in aula con i suoi compagni (allora si parlava di disabilità, ma il principio è lo stesso). Ci riporta alle classi e alle scuole speciali, un modello che la scuola italiana ha messo nel cassetto decenni fa, costruendone uno molto più avanzato, che tutti i paesi occidentali in qualche modo ci invidiano.
Il modello italiano di inclusione degli studenti non italofoni, come di qualsiasi studente con difficoltà, è un modello che da sempre punta all’inclusione, allo scambio, all’accoglienza, anche in aperto contrasto con la legislazione nazionale sui migranti adulti. Sicuramente non è in alcun modo un modello assimilazionista, che mira a “far diventare italiani” ragazzi che hanno necessariamente e giustamente una doppia appartenenza. È un modello che vede nella diversità una ricchezza, non un problema.
Sappiamo benissimo che poi nella realtà dei fatti le scuole, il più delle volte, non riescono a seguire in modo efficace questo modello: per i pochi fondi stanziati per insegnare l’italiano, per le poche risorse umane disponibili, per l’assenza di compresenze, per la carenza di docenti specializzati e per il non impiego di quelli abilitati a insegnare l’italiano come lingua seconda, ma anche per l’intrinseco classismo che caratterizza la scuola pubblica italiana. Nei fatti, includiamo verso il basso, le studentesse e gli studenti di origine straniera o non italofoni faticano ad accedere alle migliori scuole, scelgono i professionali più dei licei, affollano le classi della formazione professionale regionale, dove si forma la classe operaia del nostro Paese. Questo perché la questione migratoria è questione di classe: accogliamo braccia, non esseri umani, persone da sfruttare e sottopagare, non uomini e donne.
Questa “integrazione verso il basso” è una processo contro cui USB e OSA si battono da sempre e contro cui continueremo a batterci, ma è fenomeno ben diverso da una presa di posizione politica, conservatrice e reazionaria, che vorrebbe negare alle studentesse e agli studenti stranieri la possibilità di condividere il percorso di studi con i propri compagni e di essere inclusi a pieno titolo nella nostra società. Il ministro dimostra ancora una volta la sua totale inadeguatezza, come tutto questo governo. Un governo e un ministro razzista, classista, in completa contraddizione con ogni principio educativo. Noi per nostro conto continueremo a lottare per una scuola inclusiva che si riappropri della sua funzione di emancipazione di tutte e tutti, cui debbono essere date le risorse vere per includere.