L'INPDAP EMANA LA CIRCOLARE APPLICATIVA DELLE MISURE SU PENSIONAMENTO E TFR PER I LAVORATORI DELLA SCUOLA, VARATE DALLA FINANZIARIA DI AGOSTO. BRUTTE NOTIZIE SU PENSIONI E TFR
Hai maturato i requisiti per la pensione lavorando una vita? Congratulazioni, dovrai lavorare un altro anno prima del meritato riposo!
Con la circolare n°16 del 9 novembre, l’INPDAP comunica quanto già denunciavamo da agosto.
A partire dal 1 gennaio 2012, il lavoratore della scuola maturerà i requisiti per la pensione dovrà attendere il 1 settembre dell’anno successivo per andare in pensione. In soldini, se si maturano i requisiti ad aprile 2012, si andrà in pensione nel settembre 2013 e non il 1 settembre 2012.
E’ una misura vessatoria e scandalosa che costringe anche chi ha prestato il massimo degli anni di servizio a restare al lavoro. Se pensiamo poi che la stragrande maggioranza della categoria è composta da donne e che queste in Italia tradizionalmente hanno sulle spalle anche i carichi della cura familiare, comprendiamo ancora meglio la gravità della nuova normativa.
Ricordiamo inoltre che le assunzioni promesse per i prossimi 2 anni (con il vergognoso ricatto della rinuncia ad uno scatto d’anzianità), prevedono contingenti di immissioni in ruolo basati sul numero di lavoratori andati in pensione. Se migliaia di colleghi che contavano di andare in pensione il 1 settembre del 2012 dovranno restare ancora un anno in servizio, è facile dedurre che le assunzioni verranno snellite pesantemente.
Brutte notizie anche per il pagamento del TFR. I tempi d’attesa saranno di 6 mesi (27 nel caso di dimissioni volontarie!!!). Sappiamo bene che le riforme pensionistiche degli ultimi 15 anni hanno ridotto le nostre pensioni. I
l blocco dei contratti ci sta erodendo i salari; percepire tempestivamente il TFR (frutto dei nostri versamenti annuali, ricordiamolo), diventerà vitale per molti neo pensionati per tentare di affrontare una vita sempre più cara.
La situazione è poi drammatica per i precari. Questi infatti terminato il servizio non percepiscono la pensione, ma la disoccupazione. Sappiamo bene quindi che per molti colleghi il pagamento del tfr di anno in anno costituisce una voce irrinunciabile del proprio magro bilancio. Rimandarne il pagamento di 6 mesi significa aggravare situazioni già drammatiche.
E le hanno chiamate “ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo” . Ma lo sviluppo di chi? Ma dei banchieri e degli speculatori che con le nostre pensioni e i TFR dei precari potranno veder garantiti i propri dividendi, è chiaro.
E pensare che a luglio governo, opposizioni, sindacati concertativi e associazioni padronali dicevano (e dicono anche oggi) che senza queste manovre veniva messo a rischio il nostro futuro. Come lavoratori, a questi signori vogliamo dire che, visti i risultati, preferiamo che non si scomodino più e che il nostro futuro potranno tutelarlo solo le nostre lotte.