Il Ministro Azzolina concede pieni poteri ai suoi “colleghi” dirigenti scolastici. Scuole semiaperte e didattica a distanza imposta d’autorità.

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Ancora una volta, con una scelta incomprensibile e scellerata, il governo lascia la decisone sull’apertura o chiusura delle scuole ai singoli dirigenti scolastici, che potranno indicare le ragioni “indifferibili” per tenere le scuole aperte. Una scelta priva di senso, vista l’assenza di qualsiasi attività didattica e l’inesistenza di qualsiasi servizio essenziale. Da giorni, in totale solitudine, USB Scuola chiede che le scuole vengano chiuse per tutelare la salute del personale ATA e dei dirigenti scolastici, mettendo fine a una discriminazione inaccettabile e irresponsabile.
La scelta di non chiudere è evidentemente finalizzata a portare avanti la "didattica a distanza" in tutte le sue forme. In questo senso, risultano particolarmente preoccupanti le parole del ministro, rivolte ai dirigenti scolastici: “Voi sì che siete i comandanti della nave, adesso avete una responsabilità fondamentale: garantire che l’attività didattica a distanza venga effettuata [...]. Abbiamo il decreto legislativo 165 del 2001, che vi dà autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di organizzare scolastica secondo criteri di efficienza e efficacia”.
Le parole del ministro appaiono chiare: pieni poteri ai Dirigenti Scolastici, che hanno il compito di portare avanti a oltranza l’attività didattica, in assenza di una funzione di guida e di indirizzo del ministero. 
Fino a oggi, il MIUR ha affrontato la situazione con una serie di note estremamente vaghe, in molti casi in contraddizione con il CCNL e il Testo Unico. Note che hanno concesso ai DS una sperimentazione selvaggia nell'organizzazione della teledidattica: sono state imposte pratiche e metodologie lesive della libertà d’insegnamento dei docenti e della natura democratica degli organi collegiali, firme su registri on line privi di validità, schede di monitoraggio dettagliate dell’attività svolta e via di questo passo. Con le sue dichiarazioni di oggi, il Ministro legittima totalmente questa fuga in avanti dei dirigenti scolastici, ma la verità è che il diritto allo studio è già leso, per evidenti cause di forza maggiore, e nessuna didattica a distanza può riparare questa situazione.


Di fronte alle dichiarazioni estremamente pericolose del Ministro, ribadiamo con chiarezza che:
1. è necessario chiudere le scuole per tutelare la salute di ATA, dirigenti scolastici e, di conseguenza, di tutta la collettività;
2. la didattica a distanza non può essere obbligatoria perché la scuola si fa in classe, in presenza, in una relazione continua e viva;
3. è impossibile valutare gli studenti in tale contesto emergenziale; valutare a distanza è semplice esercizio numerico di classificazione, non ha alcuna valenza formativa;
4. non si possono certificare le assenze come se si fosse in aula, né svolgere gli stessi orari di classe, fingendo che la virtualità sia la normalità;
5. monitorare l’attività didattica, come richiesto ai dirigenti dal Ministero, non significa sovraccaricare di moduli e rilievi statistici docenti che attualmente già lavorano ore e ore davanti al PC per restare in una relazione educativa coi propri studenti. Nessun docente ha l’obbligo di compilarli;
6. la situazione di emergenza non può far saltare il sistema di comunicazione della PA, che segue canali ufficiali: le improvvisate chat di WhatsApp per docenti e ATA non possono e non devono sostituire le circolari ufficiali, che i dirigenti hanno l’obbligo di emanare e rendere pubbliche.


Lo stato d'eccezione che stiamo vivendo non può essere utilizzato per normalizzare pratiche emergenziali come la didattica a distanza. Stanziare 85 Milioni di euro per la DaD in un momento in cui la sanità è al collasso, inoltre, significa non conoscere le priorità del paese.

Rifiutiamo i tentativi sfacciati delle aziende di lucrare sulla situazione, approfittando della confusione del momento, per far sì che i loro prodotti per la didattica a distanza vengano usati nella vita scolastica ordinaria: la scuola non è un mercato!
Rivendichiamo il ruolo sociale del docente, che è soprattutto un educatore, ma anche un lavoratore i cui diritti vanno rispettati. La realtà che viviamo è quella di una crisi profonda e drammatica, non si può non prenderne atto e fingere tramite la relazione virtuale con gli studenti che essa non esista o possa essere facilmente gestita. Essere docenti è anche immergersi nella realtà e aiutare i nostri studenti a comprenderla e affrontarla.