RETI DI AMBITO E RETI DI SCOPO

Quali i pericoli? Quali i possibili obiettivi strategici?

La legge 107/15, cosiddetta “buona scuola”, ha contribuito a dare efficacia alla normativa sull’autonomia scolastica rimasta cosa semi-inerte da più di sedici anni, ma senza aggiungere alcuna risorsa economica alla scuola pubblica statale. Sembrerebbero tutte azioni benefiche quelle connesse con l’applicazione della “Buona scuola”, tutte azioni che danno la sensazione di un risveglio delle istituzioni scolastiche nelle quali i presidi con un aumento dei propri poteri e una maggiore discrezionalità decisionale imprimono il cambiamento risolutivo scuola per scuola. E tutto ciò al cittadino comune, che non lavora nella scuola o che non ha figli in età scolare, appare come lo scuotimento necessario per abbandonare l’immobilismo, mettere da parte le lungaggini burocratiche, ammortizzare le nefaste conseguenze sui quadri orari e sulle classi pollaio dell’era Gelmini.

Ebbene, tutto quello che il governo Renzi ha spacciato per "buona scuola" non solo non si è realizzato, ma in più ha portato con sé dei costi enormi. Il solo aumento dei poteri e della discrezionalità ai dirigenti scolastici sta determinando:

- La perdita delle funzioni degli organi collegiali, sempre più sminuiti a mere propaggini della decisionalità dirigenziale;

- la privatizzazione del rapporto di lavoro con la chiamata diretta, con tutti i pericoli connessi al clientelismo e al suo potenziale corruttivo;

- la fine della scuola intesa come comunità scolastica cooperativa e la costruzione di un corpo docente sempre più competitivo e narcisistico tramite l’elargizione di un pagamento in denaro all’entourage dirigenziale chiamato "bonus di valutazione", che in assenza degli aumenti contrattuali per tutti finanzia in modo più o meno opaco in ogni scuola il presunto merito di alcuni sminuendo il contributo dato da tutti i lavoratori (ata, docenti, precari e di ruolo) al funzionamento della scuola statale;

- il pericolo per i precari docenti e ATA di essere esposti al count down dei 36 mesi (licenziati e non più assunti).

Ma la legge 107 continua il suo corso e i costi continuano ad aumentare da un anno scolastico a quello successivo…

L’organico dei docenti, che da questo anno viene differenziato tra la titolarità su scuola di alcuni docenti e la titolarità su ambito per altri, non è l’unico aspetto che verrà gestito in rete tra più scuole. Gli art. 70 e 72 della legge 107 prevedono, infatti, che gli uffici scolastici regionali si facciano promotori (sempre a costo zero) della costruzione di accordi di rete che dovranno “valorizzare le risorse professionali” (per esempio l’organico e i piani di formazione), ma anche gestire funzioni e attività amministrative (per esempio istruttorie, pratiche, ricostruzioni di carriera, ecc.).

Si tratta di un tentativo nemmeno troppo mascherato di cambiare radicalmente la governance delle scuole statali, ma il vero obiettivo strategico è ovviamente la razionalizzazione delle risorse, che si tradurrà anche questa volta in una riduzione del personale e in un aumento dei carichi di lavoro.

Questi accordi di rete, per esempio, potranno prevedere lo scambio temporaneo di docenti (con il loro consenso e con la loro rinuncia a chiedere il trasferimento per il tempo necessario alla realizzazione del progetto) fra le istituzioni che partecipano alla rete. Secondo quanto previsto dalla nota ministeriale prot. n. 2151 del 7 giugno 2016 che fornisce Indicazioni per la formazione delle reti potrebbero formarsi tre tipi di reti:

1) Reti di scopo per l’amministrazione: alcune attività amministrative sarebbero svolte in comune tra le scuole della rete;

2) Reti di scopo per la didattica: alcuni progetti didattici potrebbero essere condivisi dalle scuole della rete;

3) Reti di ambito: uno spazio per la progettazione e la realizzazione di attività da svolgere in rete.

Insomma le scuole potranno stipulare questi accordi di rete per condividere le proprie risorse umane e finanziarie. Ogni scelta per le scuole in rete verrà determinata da una conferenza di servizio dei dirigenti scolastici, i quali prenderanno in autonomia decisioni didattiche e decisioni burocratiche. Come si potrà gestire una rete con tutto quello che viene stipulato in questi accordi solo tra dirigenti scolastici? In che modo questi accordi entreranno in relazione con il contratto collettivo nazionale e con la contrattazione integrativa di ogni istituto? E in che modo saranno coinvolti dal punto di vista decisionale e fattivo gli organi collegiali presenti in ogni scuola?

Su tutti i temi legati alla didattica, alla ricerca, alla formazione/aggiornamento, alla sperimentazione e allo sviluppo non potrà in alcun modo essere scavalcato il Collegio docenti presente in ogni scuola, nel quale i docenti dovrebbero poter esprimere il proprio parere anche sulla costituzione di una rete di scopo. L’approvazione del Consiglio di Istituto, invece, ci chiediamo se sarà solo un mero passaggio formale?

Per quanto concerne l’utilizzo dei docenti in modo intrascolastico occorrerà la libera adesione di questi docenti e i dirigenti dovranno fornire informativa ai sindacati confederali e alle RSU di istituto (art.7 comma 3 del DPR 275/99), le quali però non contrattano più da qualche anno l’assegnazione dei docenti alle cattedre. Le decisioni assunte dai presidi dovranno essere pubblicizzate, ma a causa delle ripercussioni che queste decisioni potranno avere sul personale e sull’organizzazione del lavoro, i dirigenti saranno chiamati al confronto con le OOSS per quanto concerne il rispetto dei criteri adottati e il principio di non discriminazione sul luogo di lavoro.

Intravediamo una deriva estremamente pericolosa nella costituzione delle reti di ambito e di scopo, un passaggio questo che sta già avvenendo quasi sotto silenzio nelle scuole.

Si compie in questo modo ciò che prevedeva la legge sull’autonomia scolastica, ma con l’aggravante di alcune caratteristiche che incideranno sull’erogazione del servizio in generale dal punto di vista amministrativo e didattico.

1) Le istituzioni scolastiche continueranno sempre più a farsi carico della gestione di pratiche amministrative che prima erano gestite dagli uffici scolastici provinciali e regionali (aumento dei carichi di lavoro?).

2) L’autonomia amministrativa tramite reti creerà figure tanto specializzate dal punto di vista burocratico su mansioni di didattica, sperimentazione, ricerca, quanto avulse dal contesto scolastico e dalla didattica reale (divisione della categoria docenti in quadri intermedi e docenti di classe?).

3) I dirigenti scolastici a capo delle reti costituite per l’amministrazione gestiranno compiti particolari prima in carico agli uffici territoriali anche su temi delicati (anticorruzione, pensioni, rapporti bancari e assicurativi) che in tutti gli altri comparti della pubblica amministrazione non sono mai a carico dei singoli uffici proprio per garantire un rapporto di terzietà che, invece, in questo modo nella scuola verrà meno.

4) Il diktat secondo il quale questi accordi di rete non potranno prevedere l’utilizzo di ulteriori risorse economiche ovviamente ci fa pensare che le scuole potrebbero dover mettere in campo risorse interne per ottimizzare un carico di lavoro che diventerà sempre più cospicuo per il personale ATA oggi in servizio nelle segreterie.

Riteniamo doveroso invitare i Collegi docenti e tutte le componenti presenti nei Consigli di Istituto a prestare molta attenzione sulla costituzione di eventuali reti di ambito e di scopo e a denunciare eventuali pressioni dei dirigenti scolastici sugli organi collegiali in tal senso.