Prima la salute: scuole chiuse e non mi connetto. 25 Marzo sciopero generale
USB ha proclamato per mercoledì 25 marzo lo sciopero generale nazionale di 24 ore per tutte le categorie pubbliche e private.
La salute pubblica dovrebbe stare in modo sostanziale, oggi più che mai, al centro dell’indirizzo politico del Governo e non in modo meramente formale o, peggio, ipocrita e retorico. Decine di migliaia di lavoratori, una schiera estesa di amministratori locali, hanno chiesto insistentemente una scelta coraggiosa, indifferibile: fermare l’attività produttiva del paese. Le fabbriche aperte, gli uffici funzionanti, sono la causa principale che obbliga milioni di persone, ogni giorno, a uscire di casa, ad avvicinare altre persone, trasmettendo il virus, aumentando i contagi e il numero delle vittime.
Gli appelli costanti a restare a casa, certamente da seguire, non salveranno nessuno. La limitazione delle libertà individuali dei cittadini risulta un provvedimento tanto pervasivo quanto inutile e incomprensibile alla gente se viene confrontato con il protratto mancato stop della filiera produttiva nazionale.
Oggi il presidente del Consiglio Conte ha firmato un DPCM con nuove disposizioni restrittive. Esse, però, risultano ancora troppo poco coraggiose rispetto all’interruzione della catena produttiva nazionale. A peggiorare le cose, l’intervento di Confindustria, compiuto a fronte dell’annuncio delle nuove misure, avvenuto ieri, ha sicuramente influito sulla portata delle misure restrittive. L’incertezza del governo, decisionale e comunicativa, non è stata d’aiuto fino ad ora e non lo è ancora oggi.
Incertezza, velleità e contraddizione caratterizzano anche le scelte politiche del MIUR. I DPCM hanno consegnato forse definitivamente il timone delle istituzioni scolastiche statali a dirigenti che, in molti casi, stanno dimostrando una notevole creatività nell’esprimere il proprio dirigismo e autoritarismo.
Lo diciamo chiaramente. Le attività didattiche sono sospese per decreto. Non esiste una didattica che non sia quella realizzata in aula, nel confronto quotidiano della comunità educante. Lo stato emergenziale che sta travolgendo la vita di tutti, in primo luogo degli studenti e delle studentesse, non può essere l’occasione per accelerare sul processo di trasformazione della scuola italiana! Non può essere la via per accelerare un ingresso incontrollato delle tecnologie. La scuola diviene il luogo in cui si tenta di fingere una normalità che non c’è tramite l’uso della DaD, senza che si ragioni sulle conseguenze di tutto questo, pedagogiche e non solo: c’è il rischio di piegare la scuola agli interessi privati del mercato, in questo caso case editrici e grandi marchi informatici che banchettano allegramente sulla pelle di studenti e studentesse, lavoratori e lavoratrici, travolti dall’onda lunga della digitalizzazione (leggi: burocratizzazione) della scuola.
Le scuole vanno CHIUSE, in primo luogo a tutela di quel personale ATA ancora troppo spesso costretto, come ci segnalano da più parti, a recarsi presso le proprie istituzioni di servizio, rischiando il contagio, per il capriccio o l’irresponsabilità di dirigenti che individuano come “indifferibili” alcune attività che possono, al contrario, essere tranquillamente rimandate o disattese. A meno che qualcuno non abbia davvero il coraggio di affermare che recuperare un testo lasciato presso un istituto sia un’attività per l’appunto indifferibile. Se quel qualcuno fosse poi il ministro competente del dicastero dell’istruzione sarebbe davvero un disastro!
La scuola non è un “servizio pubblico essenziale”! Essa ha innanzitutto una funzione educativa e sociale. Se non è possibile svolgere le normali lezioni, cade di colpo ogni necessità di tenere aperti gli istituti su tutto il territorio nazionale.
Invitiamo tutti i lavoratori a segnalarci qualsiasi comportamento dei dirigenti scolastici che dovesse discostarsi dalla normativa di riferimento, vale a dire il Testo Unico (Dlgs 297/94) e il CCNL del comparto. Presenteremo atti di diffida e di rimostranza per ristabilire nelle scuole quello stato di diritto che troppo spesso viene sospeso da dirigenti scolastici evidentemente più realisti del re.
Il 25 marzo anche la scuola aderisce allo sciopero confederale indetto dall’USB, per ribadire innanzitutto i seguenti punti.
1. la didattica a distanza non può essere obbligatoria perché la scuola si fa in classe, in presenza, in una relazione continua e viva;
2. è impossibile valutare gli studenti in tale contesto emergenziale; valutare a distanza è semplice esercizio numerico di classificazione, non ha alcuna valenza formativa;
3. non si possono certificare le assenze come se si fosse in aula, né svolgere gli stessi orari di classe, fingendo che la virtualità sia la normalità;
4. monitorare l’attività didattica, come richiesto ai dirigenti dal Ministero, non significa sovraccaricare di moduli e rilievi statistici docenti che attualmente già lavorano ore e ore davanti al PC per restare in una relazione educativa coi propri studenti. Nessun docente ha l’obbligo di compilarli;
5. la situazione di emergenza non può far saltare il sistema di comunicazione della PA, che segue canali ufficiali: le improvvisate chat di WhatsApp per docenti e ATA non possono e non devono sostituire le circolari ufficiali, che i dirigenti hanno l’obbligo di emanare e rendere pubbliche.
Per questi motivi invitiamo tutti i lavoratori ad aderire allo sciopero. In primo luogo il personale ATA.
I docenti di fatto non possono effettuare il proprio servizio, vale a dire l’attività di insegnamento e/o funzionale all’insegnamento. Pertanto, chiediamo loro di dare la propria solidarietà ai lavoratori in sciopero interrompendo per la giornata del 25 ogni eventuale attività di didattica a distanza.