IL NOSTRO MERITO SUPERA DA DECENNI IL NOSTRO STIPENDIO!

Nazionale -

INVALSI E MERITO Perché diciamo NO

Sbagliate sul piano didattico - Le prove Invalsi rispondono ad un obiettivo di standardizzazione degli insegnamenti e degli insegnanti e sono chiaramente uno strumento per una valutazione impropria e differenziata delle scuole, in quanto non considerano le condizioni di partenza degli alunni e dei diversi contesti con cui gli insegnanti si devono confrontare. Oltretutto l’Invalsi non tiene assolutamente conto degli alunni con difficoltà di apprendimento e di altra cultura e men che meno degli alunni diversamente abili, che invece influenzano enormemente le scelte didattiche che si effettuano nelle classi in cui questi insegnanti e bambini si trovano ad operare.

Uno strumento per attaccare gli insegnanti - Le prove Invalsi diventeranno lo strumento privilegiato per l’applicazione del sistema a “fasce”, voluto da Brunetta, e avviato con la firma di Cisl, Uil e Ugl, all’accordo del 4 febbraio scorso. Contemporaneamente circola già una bozza di Decreto della Presidenza del Consiglio sulla valutazione per fasce di merito nella scuola, mentre il Decreto “milleproroghe” cita l’Invalsi tra i 3 pilastri della valutazione dei docenti (insieme agli ispettori e all’Indire). Ciò accade mentre tanti Tribunali, con varie sentenze, stanno rendendo inapplicabili intere parti della Legge Brunetta, fintantoché non saranno rinnovati i contratti (2013). Tra dicembre e febbraio, la maggioranza dei Collegi Docenti delle province interessate alle sperimentazioni della Gelmini sul merito (erano previsti 70.000 euro per le scuole che si sarebbero piazzate meglio alle prove invalsi), le hanno rispedite al mittente; ora numerosi Collegi votano mozioni in cui si rifiutavano di prestarsi al gioco del Ministero, ribadendo la non obbligatorietà delle prove e soprattutto la non obbligatorietà per i docenti della somministrazione e correzione delle prove (se proprio ci tiene l’Invalsi manderà il suo personale ad eseguirle ma almeno non forniamogli la nostra collaborazione, oltretutto gratuita). Per essere obbligatorie, le prove dovrebbero essere inserite in una nuova legge, ma non fanno una legge perché andrebbe contro la l’autonomia e contro il contratto, quindi dovrebbero rinnovare i contratti, ma li hanno bloccati fino al 2013 perché non vogliono darci gli aumenti che da anni ci spettano. E così sperano di cavarsela con note (n.°3813 del 31/12/2010 ) e circolari (n.°86 del 22/10/2009), che parlano di “obbligatorietà”, quando non hanno nessun titolo per farlo. Note e circolari non possono infatti essere fonti del diritto, ma solo prevedere modalità interpretative e attuative della legge. Nel cercare di correre ai ripari, l’amministrazione ha diffuso una nota in cui dice che i Collegi dei Docenti non possono esprimersi circa la somministrazione delle prove (parere del tutto infondato) perché non si tratta di valutazione formativa periodica (sulla quale decidono solo i docenti), ma della valutazione del sistema formativo nel suo complesso che spetta per legge all’Invalsi. Con questa nota il Ministero ammette quindi che possiamo infischiarcene delle prove perché non ci competono.

Insomma vogliono far entrare dalla finestra ciò che non possono far passare dalla porta.

Quale sistema di valutazione – Ci accusano di volerci sottrarre ad un sistema che valuti l’efficacia della scuola e individui le criticità da affrontare. Ma i nostri accusatori non dicono che non hanno nessuna intenzione di migliorare la scuola, bensì intendono solo gerarchizzare la categoria, diminuendo gli stipendi alla maggioranza dei lavoratori. Se davvero si volesse una valutazione volta al miglioramento della scuola, le prove verrebbero somministrate a campione e ugualmente ogni scuola potrebbe confrontarsi con dati nazionali. Inoltre, verrebbero stanziati fondi per affrontare le situazioni più problematiche, anziché minacciare di mettere alla gogna pubblica i cosiddetti non meritevoli.

Dobbiamo contrattaccare – Sta per partire il terzo capitolo dei sanguinosi tagli previsti dalla 133/2008. Alla fine avremo perso 150 000 posti di lavoro; le famiglie non trovano più le scuole a cui iscrivere i propri figli; stanno preparando il prossimo triennio di tagli alla scuola e a tutti i servizi pubblici; i contratti sono bloccati per 4 anni. Il minimo che possiamo fare è cercare di contrastare ogni iniziativa dell’amministrazione, rompere le scatole il più possibile, mettere i bastoni fra le ruote alla privatizzazione della scuola. Il rifiuto delle prove Invalsi è un segnale forte che dice al Governo che se continua nella distruzione della scuola va incontro a continui scontri con i lavoratori.

SBATTIAMOGLI LA FINESTRA IN FACCIA,

IL NOSTRO MERITO SUPERA DA DECENNI IL NOSTRO STIPENDIO

CHE FARE ?

NON COLLABORARE!

COME FERMARLI

Nelle scuole elementari e medie abbiamo assistito negli ultimi anni alla rassegnazione verso il “circo” Invalsi, al punto che lo scorso anno tantissimi colleghi hanno svolto il superlavoro legato alla correzione delle prove in modo gratuito, senza batter ciglio. Da quest’anno le prove saranno somministrate anche nella superiori dove i colleghi hanno deciso in massa di rifiutarle. In questo modo il discorso si è riaperto anche nelle scuole elementari e medie che devono assolutamente cogliere l’occasione per riavviare la protesta contro l’Invalsi. Se nella vostra scuola siete in pochi a voler intraprendere questa forma di resistenza, non vi fate scoraggiare: alla fine conterà il dato globale di insegnanti che si sono rifiutati in tutta Italia e sarà il primo passo, necessario per dare forza a tutti gli altri il prossimo anno.


Nel Collegio dei Docenti – Chi sa di avere la maggioranza del Collegio sulle posizioni contrarie all’Invalsi, può presentare una mozione nella quale il Collegio delibera che la scuola non partecipa alla somministrazione delle prove. Circolano diversi modelli di delibera, ben documentati sul piano normativo (in allegato ne inviamo una). Non vi fate intimidire da chi dice che la delibera potrebbe essere illegittima: se anche fosse vero, lasciamogli almeno il disturbo di impugnarla e non ci autocensuriamo.


Individualmente – Chiarito una volta per tutte che non siamo obbligati a somministrare e correggere le prove ne tantomeno a prestare servizio in una classe diversa dalla nostra, nel caso in cui non si sia riusciti ad ottenere una delibera da parte del Collegio dei Docenti di non partecipazione della scuola ci si può muovere in diversi modi a seconda dei diversi casi:

1) Nel caso in cui il dirigente emani una circolare o un Ordine di Servizio nel quale si comunica che si svolgeranno le prove e quali siano le modalità organizzative della somministrazione (prevediamo sia il caso più frequente), inviamo un Atto di Rimostranza personale che blocca l’esecutività dell’Ordine di Servizio (ne trovate un fac-simile in allegato). Il dirigente potrà allora reiterare l’Ordine di Servizio e noi saremo costretti ad eseguirlo, ma avremo comunque creato disagio all’amministrazione e, dove i colleghi saranno disponibili, presenteremo ricorso contro un Ordine di Servizio che ci obbliga a svolgere funzioni non previste dalla legge e dal Contratto Collettivo. In tal modo il prossimo anno ci penseranno due volte prima di emanare a cuor leggero e con arroganza simili Ordini di Servizio.

2) Nel caso in cui non sia pervenuta alcuna disposizione circa la somministrazione delle prove, basterà non somministrarle e svolgere il nostro normale servizio in classe. In molte scuole si usa mandare gli insegnanti a somministrare le prove in altre classi; non ci muoviamo dalla nostra classe e rifiutiamoci da far somministrare le prove al collega che arriverà. A questo punto il dirigente potrebbe emanare l’Ordine di Servizio, ma noi avremo già in tasca l’atto di rimostranza e tutto si svolgerà come nel caso precedente.

In ogni caso, comunicateci ogni eventuale difficoltà per permetterci di intervenire tempestivamente.

Ci rendiamo conto che vi proponiamo uno scontro frontale, scomodo da sostenere specie se non si è tutti compatti, ma la difesa della scuola pubblica e delle nostre condizioni di lavoratori non si ottengono solo andando ogni tanto in piazza il sabato o la domenica, ma assumendosi responsabilità. Nessuna delle conquiste ottenute negli ultimi 60 anni dai lavoratori è stata gratuita; è ora di fare la nostra parte.