ORGANICO DELL'AUTONOMIA

Quando e in che modo contestare gli abusi dei dirigenti scolastici

L'attuale organico dell'autonomia, definito dalla legge 107/15, a seguito delle devastanti procedure della mobilità che hanno frantumato il fronte dei lavoratori della scuola in tante fasi e profili differenti, è normato da alcuni articoli che non possono che riconoscere la titolarità di scuola a quei docenti che non sono stati soggetti alla mobilità coatta o che pur facendo ricorso alla mobilità volontaria, se assunti prima dell'approvazione di questa assurda legge, hanno trovato posto nell'organico di diritto. Per tutti gli altri la “buona scuola” ha aperto le porte in qualche modo alla privatizzazione del rapporto di lavoro per cui nella scelta della sede di servizio tutti gli altri docenti sono stati soggetti alla vergognosa chiamata diretta. Dopo bandi di selezione ai limiti della surrealtà e la gestione senza alcun titolo da parte di dirigenti scolastici che non avevano alcuna competenza per discriminare e scegliere i docenti della propria scuola, ad oggi l'organico di potenziamento e l'organico di diritto non esistono più. Esiste il famigerato organico dell'autonomia.

È bene ricordare, però, che la legge 107 non ha soppresso gli organi collegiali nelle nostre scuole ed è bene ricordare che, sebbene sia il dirigente scolastico a dover assegnare le cattedre a inizio anno scolastico gestendo l'organico interno alla propria scuola, i criteri stabiliti dai consigli di istituto rispetto per esempio alla continuità didattica con l'anno precedente non sono stati eliminati né passano in subordine rispetto alla decisionalità dirigenziale che la legge 107 incoraggia.

Altra cosa che occorre ricordare rispetto alla composizione delle cattedre di inizio d'anno scolastico da parte dei dirigenti è il principio, riconosciuto in passato da diverse sentenze, per cui ogni dirigente scolastico debba in piena trasparenza esplicitare i criteri adottati e renderli pubblici, nonché tener conto dei criteri degli organi collegiali e garantire la propria imparzialità nelle decisioni prese in piena parità di trattamento.

Pertanto se da un lato secondo il criterio della continuità didattica il preside non può, salvo gravi e comprovate situazioni di difficoltà, scalzare un docente dalle proprie classi, dall'altro lato è anche vero che un docente neoarrivato nella nuova scuola, che abbia titolarità di scuola o titolarità su ambito, non può subire un trattamento totalmente diverso rispetto agli altri docenti della stessa scuola e ritrovarsi ad esempio con una cattedra di sole classi prime o con una cattedra con un numero eccessivo di ore a disposizione.

Riteniamo che, in modo solidale e unitario e senza cedere alla logica del divide et impera finalizzata all'unico obiettivo di rendere ancora una volta tutti maggiormente ricattabili e asserviti, tutti i docenti debbano protestare vivamente contro qualunque tentativo di lesione di quanto deliberato dagli organi collegiali della propria scuola, non accettare in alcun modo azioni unilaterali dei dirigenti scolastici e far ricorso al sindacato tempestivamente in tutti quei casi in cui si ritiene di essere vittime di abusi quali il demansionamento, decisioni parziali e mancata pubblicizzazione dei criteri di composizione delle cattedre.

USB P.I. Scuola è disponibile a procedere con eventuali vertenze per sostenere i lavoratori della scuola in lotta contro la legge 107.

Come sindacato e come lavoratori della scuola invitiamo tutti i docenti a non cedere mai alla lotta di tutti contro tutti, a non scoraggiarsi e a non smettere di lottare. Possiamo combattere insieme lo svilimento della nostra professionalità docente e lottare per aumentare gli organici allineandoli alle reali necessità delle scuole e diminuire il numero di alunni per classe.

Solo lottando insieme per una scuola democratica e di qualità la nostra lotta potrà avere successo. Partiamo dalle nostre scuole e dimostriamolo anche in piazza difendendo la scuola della costituzione repubblicana nello sciopero generale che animerà le nostre ragioni al NO alla riforma costituzionale.

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